I libri di testo

Dal 1861 al 1970

Sin dai primi anni dell'Unità d'Italia, con l'estensione a tutte le scuole del regno della Legge Casati e dei Programmi del Mamiani, si ebbe una rapida diffusione dell'editoria scolastica. L'espansione della scolarità provocò una proliferazione di libri di testo, che si intensificava ad ogni modifica dei programmi scolastici. Nelle prime due classi delle elementari si studiava la lingua italiana, l'aritmetica e la religione. I testi più diffusi erano dunque gli abbecedari e i sillabari, ossia i libri per l'insegnamento della lettura e della scrittura, e gli abaci, i libri per l'insegnamento dell'aritmetica. Il ministro Guido Baccelli manifestò nel 1894 l'intenzione di sfoltire quella mole di pubblicazioni pensando addirittura ad un testo unico governativo. Il ministro ripiegò poi su un'altra linea, ottenendo che i Provveditori effettuassero una scelta dei migliori libri compresi in un elenco generale. A partire dall'anno scolastico 1930-31 nelle scuole elementari pubbliche e private fu adottato il testo unico di Stato, nel quale dovevano essere svolti i programmi in vigore per tutte le materie. In tal modo, il regime riuscì ad ottenere un controllo ancor più stretto sull'apparato scolastico ed allo stesso tempo veicolava contenuti della cultura fascista.

La redazione dei testi fu affidata a scrittori molto noti nel campo della letteratura infantile, a poeti e letterati di chiara fama. Tra questi, Ada Negri, Angiolo Silvio Novaro, Piero Bargellini e Grazia Deledda, premio nobel per la letteratura nel 1926. Va segnalato che dal 1923, per volontà del Lombardo Radice, furono introdotti una serie di libri di testo che avevano lo scopo di promuovere l'uso della lingua nazionale, con esercizi di traduzione dal dialetto alla lingua italiana. Negli anni 1943-44 e 1944-45, in conseguenza dei nuovi avvenimenti politici, i testi unici di Stato già in uso o non furono più adottati o lo furono solo transitoriamente e con le necessarie mutilazioni e correzioni. Nel maggio del 1947 il Ministero abolì il sistema di controllo preventivo e soppresse l'apposita commissione. La scelta dei testi scolastici fu rimessa alla esclusiva competenza e responsabilità dell'insegnante.

L'INSEGNAMENTO DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA

Il metodo più vecchio per insegnare a leggere fu il metodo detto "alfabetico" o anche "di compitazione". Era basato sul nome delle lettere pronunciate separatamente nell'ordine dell'alfabeto. Seguiva poi la formazione delle sillabe enunciando ad una ad una il nome di ciascuna lettera ( es: a, bi, ci, ecc.). Usare il famoso "abbecedario" significava imparare l'abbicci, cioè conoscere e nominare ogni lettera dell'alfabeto. Il metodo "fonico-sillabico", proveniente dalla Germania, corresse l'errore fondamentale del metodo alfabetico dove il bambino leggeva ba = bia, dal nome delle lettere. Questa volta il maestro insegnava le vocali attraverso una preparazione fonica della scolaresca. Poi seguiva lo studio delle consonanti e la formazione delle sillabe. Gli alunni si esercitavano a pronunciare non più i nomi delle lettere, che non corrispondevano al suono effettivo, bensì i suoni semplici, imparando a riconoscere il suono che le lettere hanno nel linguaggio parlato. Questo metodo era ancora fondato su esercizi di imitazione dei suoni e dei segni indicati dal maestro.

Crediti

Collaborazione

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Ultimo aggiornamento: 8 gennaio 2022